ideazione Tuccio Guicciardini, Patrizia de Bari
coreografia Patrizia de Bari
interprete Camilla Diana
costumi Rosaria Minneci
elaborazioni sonore Daniele Borri
coproduzione Giardino Chiuso, Fondazione Fabbrica Europa
con il sostegno di Mibact, Regione Toscana
“Sono una traghettatrice impalpabile, sfuggente, come un animale, un animale raro e diffidente.
Trascino con me pagine e pagine di scrittura: parole, segni, speranze, sapere, sogni, visoni, appelli, e pagine, pagine, qualcuna bianca, ancora pura da essere solcata da un tratto che illumini, che innamori e ravvivi le menti o alimenti i ricordi.
Il mio destino, il mio percorso… le mie tracce… al mio passaggio prendono forma come nei sogni, assumono una fisionomia concreta, reale, più reale dei sogni.
Il mio carico è prezioso, delicato, faticoso.
Questo trascino, questo destino che mi condanna a fuggire da luoghi persi immediatamente dalla mia memoria, pronta per accogliere fugacemente altre facce, altri visi, altre espressioni, altri paesaggi. Felice, delusa, ridente o piangente, non importa, il mio destino è scritto, nelle (mie) pagine compagne di questo viaggio. Scappo, per sempre, dai luoghi, dal tempo, lasciando tracce dietro di me al mio passaggio.”
La performance incalza, con suggestioni visive e sonore, i temi della conservazione e della trasmissione, attraverso la memoria, della conoscenza. Il lavoro, pensato per vari allestimenti in spazi teatrali, urbani e museali muta a seconda dei luoghi da cui trae ispirazione e che suggeriscono, di volta in volta, nuove partiture coreografiche, sonore e video.
La trasposizione in un’immagine surreale darà vita ad un “animale” raro, forse già scomparso, che trascina un abito costruito con pagine di libri oramai dismessi, pronti per il macero, come simbolo della memoria del passato e depositari del sapere. Le tracce lasciate dal suo passaggio prenderanno forma, come nei sogni, assumendo una fisionomia concreta; rinasceranno desideri, curiosità e voglia di conoscenza. Bianchi come i fogli e Sentieri come i solchi della scrittura, fonte primaria della trasmissione e del sapere.
L’abito rimanda ad immagini e suoni archetipici: scheletro/armatura/ossatura e mare/vento, in una commistione di elementi naturali come l’acqua, l’aria e la terra.
La performance è stata allestita all’interno di biblioteche, musei, teatri, spazi urbani e altri luoghi, adattandone di volta in volta movimenti e messa in scena, lasciando invariato il senso del lavoro; l’artista Andrea Montagnani crea, a seconda degli allestimenti, la parte video.
Bianchisentieri è stato rappresentato per la prima volta nelle foreste secolari del Cansiglio e Somadida con il sostegno del Corpo Forestale dello Stato/Riserva Biogenetica del Cansiglio e, nel 2016, all’inaugurazione del nuovo Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato in occasione della mostra “La fine del mondo”.
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