DE VULGARI ELOQUENTIA …là dove ‘l sì suona

Virginio Gazzolo
Sala Dante - Palazzo Comunale, San Gimignano

rilettura d’attore da Dante Alighieri

Una pantera dall’alito profumato che, all’inizio del ‘300, si aggira per tutte le nostre regioni, ma in nessuna fa la sua tana: è la lingua italiana, come Dante la racconta nel De vulgari eloquentia.
E inizia la caccia su e giù per la Penisola, alla ricerca del dialetto più gentile ed efficace, che prevalendo, possa unificare il parlare di tutti gli italiani. Quale di essi merita il titolo di nostra eloquenza?
Nessuno, dice Dante. E con divertita malizia ci fa ascoltare gli “ignobili barbarismi” del Lombardo, Siculo, Romagnolo…Sono 14 le regioni che esplora, inutilmente. Forse il Toscano? “Un turpiloquio da ubriachi!”
E dunque siamo dannati, in questo nostro piccolo Paese, a intenderci poco e male? E – divisi dalla lingua – a restare un insieme di genti sospettose l’una dell’altra e in perenne lite? È così, sembra essere la conclusione. E tuttavia…
Dante ha una sua trappola per acciuffare la sfuggente, italofona pantera: si chiama “poesia”. Perchè, dice, senza il paziente lavoro dei poeti sulla parola, una lingua non nasce, e senza lingua comune un popolo non esiste, né si fonda una nazione.

Questa “rilettura d’attore” del De vulgari esordì in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, al festival dantesco di Ravenna, col patrocinio dell’Accademia della Crusca.

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