Il Soldatino di Piombo

con Alessio Martinoli, Lorenzo di Rocco, Jennifer Rosati
coreografia Patrizia de Bari
regia Tuccio Guicciardini
video Andrea Montagnani
foto di scena Simone Falteri
produzione Giardino Chiuso
con il sostegno di Regione Toscana
e in collaborazione con MART Museo di Trento e Rovereto

La performance è ispirata al racconto “Il Soldatino di Piombo” di Sebastiano Vassalli ed è tratta dallo spettacolo Macchine della compagnia Giardino Chiuso.
L’episodio del Soldatino di Piombo narra la tragica storia di un militare al comando di un avamposto in una zona di guerra, un checkpoint senza tempo né luogo. All’improvviso, all’orizzonte, appare una vecchia Peugeot che si avvicina traballante al posto di blocco senza nessuno alla guida. La paura di un’autobomba telecomandata innesca la procedura standard: l’inevitabile e immediata distruzione della macchina. La decisione non può più essere procrastinata, l’ordine deve essere eseguito senza ripensamenti: SPARA! Si scoprirà poi che all’interno c’erano due bambini; avevano trovato la vecchia auto aperta e l’avevano messa in moto, una stupidaggine! Il soldatino al comando del presidio militare rimarrà sconvolto da quell’incidente, diventò di piombo. Da quel momento la sua mente si offusca, le sue domande rimangono senza risposta, in un continuo e perpetuo borbottio: ”I miei pensieri sono quelli di un altro, le parole che dico, è come se a pronunciarle fosse un altro… cosa mi succede?”.
La sua convalescenza in un ospedale militare sarà inesorabilmente lunga, una condanna senza appello. Sulla scena i due interpreti maschili rimandano l’immagine di una personalità dissociata in una visione rigorosa e narrativa che crea suggestioni attraverso i linguaggi della danza, del gesto, della parola, del video. L’unica figura femminile rimarrà, in un sentimento misto tra pietà e rifiuto, testimone muta dell’agghiacciante racconto. Una pièce tagliente e cruda, come del resto suggerisce la scrittura di Vassalli, che scarnifica il tema dell’identità passando dalle tragedie personali, intime, a quelle di massa. Dal 2019 il racconto è stato inserito nelle antologie scolastiche di letteratura italiana.

Lo spettacolo, nella versione integrale Macchine, indaga il rapporto tra le automobili e l’uomo in un viaggio immaginifico, dove i video e i suoni sfrecciano sulla scena e interagiscono con i protagonisti umani spogliati della propria identità. Qualsiasi oggetto rotolante è considerato un’appendice umana: se nell’antichità le armature epiche degli eroi mitologici incutevano timore, oggi a suscitare ammirazione e soggezione sono le macchine, le nuove armature che definiscono la nostra identità, il nostro ruolo sociale.
La tecnica trasforma l’uomo in qualcosa d’altro, in un automobilista dotato di corazze e ruote; questo pensiero è evocato dalle parole di Sebastiano Vassalli, in particolare dal perturbante concetto di metamorfosi che emerge dal suo libro “La Morte di Marx e altri racconti” (Einaudi 2006; prima edizione BUR 2019) dal quale sono tratti i testi dello spettacolo. Come il kakfiano eroe de La metamorfosi anche noi, ora, abbiamo il nostro guscio d’acciaio, ossia l’automobile, per lo più accessoriata; un guscio dove la vita e la morte si incontrano in un labile equilibrio.

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